Gorizia sorge in una conca fra i monti, dove la confluenza dei fiumi Isonzo e Vipacco apre quel "valico assai largo e agevole, di facilissimo transito" citato da Paolo Diacono alla fine dell'VIII secolo, scenario d'invasioni e di scambi.
Punto d'incontro e scontro fra popoli e culture, città dalle molte anime, ha lingua e cultura italiane, un passato prevalentemente austriaco e un territorio esteso fra la pianura friulana e le montagne situate in Slovenia, al di là del confine che dal 1947 corre tangenzialmente al centro urbano.
Di qui il suo fascino: piccola, quieta, talvolta un po' dimessa, reca l'impronta malinconica del grande impero austro-ungarico e del suo carattere sovranazionale, che si esprime nelle diverse lingue tuttora parlate in città: italiano, friulano e sloveno, mentre il tedesco appartiene ad una colta (e ormai prevalentemente anziana) minoranza.
Venire a Gorizia è perciò come oltrepassare una soglia: trovarsi, contemporaneamente, qui e altrove. E se piccole dimensioni e marginalità certo non rendono vitale l'economia, salvano però la città dai contraccolpi di una crescita incontrollata: in assenza di squallide periferie, è come se il verde della campagna circostante si infilasse fra le ultime case, per poi riemergere nei tanti giardini del centro abitato, dominato dal castello medievale.
Testo tratto dalla guida Touring Club di Gorizia e provincia